La Psicoterapia Biosistemica trae origine dalle ricerche di Jerome Liss, psichiatra psicoterapeuta americano che ha studiato ed insegnato psicoterapia psicoanalitica ad Harvard e si è formato nella Psicoterapia di Comunità con Maxwell Jones e nei Gruppi d’Incontro con Bill Schutz. E’ stato professore ordinario di Psicologia Clinica alla Westdeutsche Akademie di Dusseldorf. Il suo approccio terapeutico è stato influenzato dall’attiva collaborazione con Henri Laborit (neurofisiologia delle emozioni), Ronald Laing, David Cooper (psichiatria fenomenologica) e David Boadella (modello embriologico).
Il Metodo Biosistemico si fonda su alcuni principi base. Il più importante è senz’altro la grande importanza data al vivere l’esperienza, alla pratica, alle sperimentazioni dirette, all’aspetto empatico della relazione. Così nel setting terapeutico il paziente viene considerato protagonista e il suo coinvolgimento diretto è un punto chiave nel successo della crescita personale.
In biosistemica il termine empatia, ovvero la capacità di immedesimarsi in un’altra persona fino a coglierne i pensieri e gli stati d’animo, assume un significato più esteso che include anche la dimensione della corporeità. L’empatia infatti viene intesa come costante lavoro di ricerca e di adattamento delle proprie esperienze al materiale che il paziente offre, a livello cognitivo, emotivo e corporeo.
COGNITIVO: creiamo spontaneamente un’immagine che rappresenta ciò che il paziente ci racconta;
EMOTIVO: ci immedesimiamo nell’emozione dell’altro
CORPOREO: rispecchiamo la postura, l’espressione non verbale, il tono e il ritmo di voce dell’altro.
Relativamente a quest’ultimo punto, che favorisce l’empatia corporea, dobbiamo rifarci alle ricerche di Daniel Stern sulla relazione madre – bambino, per comprendere cosa succede a livello di comunicazione implicita/corporea tra due persone, a qualunque età e livello di sviluppo.
Stern ci mostra e descrive accuratamente, nel suo lavoro sulle relazioni precoci, il fenomeno della “sintonizzazione” (attunement) corporea a livello di ritmo, forma ed intensità. Senza questa “sintonizzazione,” il bambino può diventare, nelle relazioni interpersonali, inibito (predominanza del parasimpatico), oppure aggressivo (predominanza del simpatico), privato della capacità di “rispecchiamento spontaneo” dei gesti altrui. Quindi nell’incessante processo di adattamento reciproco di madre e figlio, nella ricerca costante della sintonizzazione dell’uno con l’altro, sta la base della futura capacità di comunicare e di essere in relazione.
Sappiamo però nel contempo, seguendo Tronick, che l’esperienza della regolazione interattiva non si realizza solo attraverso momenti di incontro felici o di corrispondenza (matching), ma anche attraverso momenti di riparazione (mismatching repair) successivi alle inevitabili occasioni di rottura relazionale (mismatching)”: l’interazione si compone cioè di fasi di regolazione continua, è la trama continua di una storia sempre aperta. Le ricerche di Stern e Tronick sono importanti, perché costituiscono la base esplicativa di un modello che descrive ciò che avviene, anche tra adulti, a livello di comunicazione corporea, e di conseguenza, tra paziente e terapeuta.
Ciò vuol dire che in biosistemica, essere in empatia non è tanto uno stato fissato una volta per tutte, quanto un continuo processo fatto di una serie di tentativi, errori e correzioni di rotta che dimostrano come essa sia una continua e mai finita attività.
In base alle considerazioni sopra riportate, è possibile quindi affermare che nell’ambito di un rapporto terapeutico, un aspetto fondamentale della cura è la relazione: la persona ha la possibilità sia di essere accolta per riuscire a stabilire un rapporto di fiducia ed esprimere liberamente le proprie emozioni, sia di acquisire modalità interpersonali positive, di apprendere la capacità di sintonizzarsi con l’altro e di poter riparare le modalità relazionali disfunzionali fino a quel momento acquisite.
Secondo il metodo Biosistemico, lo sviluppo personale richiede due fasi:
- L’esplorazione e l’approfondimento delle emozioni
il paziente è incoraggiato a confrontarsi, in misura graduale e tollerabile, con i sentimenti che sono alla base della sua sofferenza.
L’accoglienza e il non-giudizio del terapeuta gli permettono di “entrare” nelle immagini, nei pensieri, nelle sensazioni del corpo e nelle emozioni connesse ai vissuti dolorosi.
L’approfondimento delle emozioni, poi, con successivo ripristino del corretto funzionamento dell’intero sistema, porta il paziente alla sensazione di sollievo. E’ questa forse la fase più delicata e cruciale del processo terapeutico, dato che il lavoro si concentra sui contenuti profondi del vissuto personale per coglierne i punti di lacerazione e di strappo, e per cercare una ri-connessione dalla radice.
- La costruzione per il futuro
il paziente si interroga su come agire, su quali iniziative intraprendere nel futuro per superare o, almeno, diminuire il suo problema.
La scelta operata dal paziente rispetto a diverse alternative possibili, viene, all’interno del setting, simulata ed espressa ovvero praticata. Varie tecniche espressive (psicodramma, role-playing, gesto chiave, ecc.) vengono utilizzate per “trasformare una buona intenzione in un’azione reale”: ciò crea una memoria corporea che infonde sicurezza al paziente, in quanto esperienza vissuta “come se” fosse nella realtà.
In questo modo il lavoro emotivo crea un ponte verso la vita quotidiana in cui verranno intrapresi i cambiamenti concreti.